Questa mattina alla colazione si arriva alla spicciolata. I tempi di reazione, infatti, sono condizionati dalle poche ore di sonno e dalla fatica che si sta accumulando. Quando ci siamo tutti portiamo il regalo a Paolo, che in realtà però è uno scherzo. Per il dono, quello vero, dovrà aspettare fino a sera. Qualche considerazione ancora sulla "segheria" di Luca e dei transilvani (ma in realtà sono proprio loro?). Prima di uscire per andare in Chiesa, don Roberto ci chiede di vivere un momento di riflessione:
"In questi giorni - dice - siamo stati invitati più volte ad aprirci all'incontro con il Signre Gesù. Credo siano tre i modi che ci sono stati indicati: il primo è la preghiera. La preghiera è l'unica strada per l'incontro con il volto di Dio, noi preghiamo perché Gesù pregava. Diffidate di coloro che non credono nella forza della preghiera, tenete tra ciò che avete di più caro il Vangelo, tenetelo nello zaino o nella borsa quando andate in università o al lavoro, apritelo e leggetelo senza la preoccupazione di comprendere tutto ma ricordando che la parola di Gesù è creativa, l'unica capace di rinnovare e ricreare il cuore. Un secondo modo per accogliere Gesù è quello di scorgerlo nella vita dei poveri. I poveri ci danno fastidio. Noi non possiamo cambiare la storia dei poveri del mondo, ma possiamo scegliere la via della condivisione, prestando le nostre cose, mettendole in comune. Viviamo in modo più essenziale, cercando di dare valore a quello che già abbiamo, possiamo fare la scelta di un tempo dedicato a chi ha bisogno, rinnovare l'impegno di vivere in modo più autentico il nostro essere educatori, troviamo una forma di fedeltà quotidiana al servizio verso chi è più bisognoso. In terzo luogo, diventate amici di un santo. La liturgia ci dice che i santi sono amici e modelli di vita. Leggiamo i loro scritti, conosciamo la loro storia, visitiamo luoghi che hanno vissuto, le loro tombe. La loro intercessione ci aiuterà a rinnovare la nostra adesione al Dio di Gesù Cristo. Infine, scrivete le esperienze che fate, raccontatele innanzitutto a voi stessi, nella consapevolezza che si impara dalle esperienze solo quando diventano parte del nostro bagaglio di vita".
Ci prepariamo poi per la celebrazione dell'Eucaristia, anche perché ci siamo presi l'impegno di animarla con il canto. Il parroco don Adriano, durante l'omelia, non si stanca di esortarci a custodire la giovinezza della fede e ritorna a sottolineare il bel momento condiviso insieme della festa del capodanno. Alcuni di noi hanno l'opportunità di visitare lo scavo sotto la chiesa, testimonianza della fondazione romana della stessa e straordinaria consegna di una storia che in questa città parla in ogni dove.
"In questi giorni - dice - siamo stati invitati più volte ad aprirci all'incontro con il Signre Gesù. Credo siano tre i modi che ci sono stati indicati: il primo è la preghiera. La preghiera è l'unica strada per l'incontro con il volto di Dio, noi preghiamo perché Gesù pregava. Diffidate di coloro che non credono nella forza della preghiera, tenete tra ciò che avete di più caro il Vangelo, tenetelo nello zaino o nella borsa quando andate in università o al lavoro, apritelo e leggetelo senza la preoccupazione di comprendere tutto ma ricordando che la parola di Gesù è creativa, l'unica capace di rinnovare e ricreare il cuore. Un secondo modo per accogliere Gesù è quello di scorgerlo nella vita dei poveri. I poveri ci danno fastidio. Noi non possiamo cambiare la storia dei poveri del mondo, ma possiamo scegliere la via della condivisione, prestando le nostre cose, mettendole in comune. Viviamo in modo più essenziale, cercando di dare valore a quello che già abbiamo, possiamo fare la scelta di un tempo dedicato a chi ha bisogno, rinnovare l'impegno di vivere in modo più autentico il nostro essere educatori, troviamo una forma di fedeltà quotidiana al servizio verso chi è più bisognoso. In terzo luogo, diventate amici di un santo. La liturgia ci dice che i santi sono amici e modelli di vita. Leggiamo i loro scritti, conosciamo la loro storia, visitiamo luoghi che hanno vissuto, le loro tombe. La loro intercessione ci aiuterà a rinnovare la nostra adesione al Dio di Gesù Cristo. Infine, scrivete le esperienze che fate, raccontatele innanzitutto a voi stessi, nella consapevolezza che si impara dalle esperienze solo quando diventano parte del nostro bagaglio di vita".
Ci prepariamo poi per la celebrazione dell'Eucaristia, anche perché ci siamo presi l'impegno di animarla con il canto. Il parroco don Adriano, durante l'omelia, non si stanca di esortarci a custodire la giovinezza della fede e ritorna a sottolineare il bel momento condiviso insieme della festa del capodanno. Alcuni di noi hanno l'opportunità di visitare lo scavo sotto la chiesa, testimonianza della fondazione romana della stessa e straordinaria consegna di una storia che in questa città parla in ogni dove.
Normalmente il pranzo del primo dell'anno è offerto dalla famiglia o dalla parrocchia che accoglie ma, per un malinteso, noi siamo senza nessuno che ci ospiti. Così ci organizziamo e, previ accordi, viviamo il pranzo del primo giorno dell'anno nel ristorante "Lo scoglio di Frisio", un locale a pochi metri da Santa Maria Maggiore caratterizzato dall'essere una riproduzione di un anfratto marino, con tanto di bancone da bar allestito su una vera imbarcazione. Passiamo un'ora e mezza tranquilla e, soprattutto, gustosa: maccheroni all'amatriciana e alla carbonara, come anche alla provola affumicata accompagnate da un buon vino bianco e da un altrettanto pregevole vino rosso; come secondo arista al ginepro, manzo alla pizzaiola e scaloppine al limone con contorno di patate e verdure; tiramisù e caffè. Era da giorni che aspettavamo di mangiare seduti a tavola, usando posate e bicchieri!
Decidiamo di non partecipare all'incontro pensato per gli italiani, di per sè è l'unico appuntamento che non prendiamo in considerazione, anche perché l'esperienza di alcuni anni passati ci scoraggia. Prendiamo allora il pullman e ci rechiamo a San Lorenzo fuori le mura, basilica che custodisce il corpo del diacono e martire Lorenzo. Questa chiesa è stata semi-distrutta dai bombardamenti del 1943. L'interno di essa, tuttavia, è stato restaurato in modo pregevole, così possiamo ammirare l'altare della confessione, il presbiterio della basilica pelagiana con il grande arco trionfale e poi l'affascinante cripta, luogo dove è sepolto il beato Pio IX. S'è fatto tardi. Prendiamo il tram e riproviamo l'ingresso in San Pietro. Continua il bagno di folla che ha caratterizzato questi giorni. Così, arrivati al colonnato, ci rendiamo conto che la coda all'ingresso sarà almeno di 70 metri. Potremmo imbucarci, dando adito alla più classica delle critiche nei confronti del nostro comportamento da italiani, ma decidiamo di metterci diligentemente in fila. Consueto iter di passaggio al metal detector, che per alcuni diventa deposito delle posate usate per cibo, e finalmente entriamo. Lo stupore si dipinge sul volto di molti. Don Roberto si improvvisa guida indicando qualche essenziale descrizione della basilica. Passiamo davanti all'insuperabile statua della Pietà di Michelangelo, ci fermiamo in preghiera davanti alla tomba di Giovanni Paolo II, facciamo nostre le intenzioni maturate in questi giorni, in particolare a proposito di famiglie che vivono grandi esperienze di sofferenza. Ma c'è anche il tempo per la preghiera personale. Sempre interessante è vedere come ogni altra chiesa cattolica abbia una grandezza e una lunghezza inferiore di questa. Questo vale anche per il nostro straordinario Duomo.
Ci avviciniamo all'altare ma abbiamo appena l'opportunità di uno sguardo che subito viene annunciata la chiusura della chiesa e siamo invitati a uscire ma anche questo uscire lentamente non ci impedisce di ammirare quest'opera straordinaria, frutto del lavoro lungo 120 anni, testimonianza meravigliosa di come la fede diventi arte e cultura per credenti e non credenti.
È una vera e propria corsa quella che facciamo per raggiungere la metropolitana per raggiungere San Giovanni per l'ultima preghiera di questo nostro pellegrinaggio. Nella basilica questa sera c'è frere Alois e raccogliamo il suo messaggio e augurio finale: "Tu ci benedici, Tu che nascondi il nostro passato nel cuore di Cristo e ti curi del nostro futuro.
Come possiamo costruire un progetto di vita nell'incertezza della società di oggi?
È una vera e propria corsa quella che facciamo per raggiungere la metropolitana per raggiungere San Giovanni per l'ultima preghiera di questo nostro pellegrinaggio. Nella basilica questa sera c'è frere Alois e raccogliamo il suo messaggio e augurio finale: "Tu ci benedici, Tu che nascondi il nostro passato nel cuore di Cristo e ti curi del nostro futuro.
Come possiamo costruire un progetto di vita nell'incertezza della società di oggi?
È necessaria una forza interiore per guardare l'avvenire con gioia che deriva dalla fiducia in Dio. Gesù ha posto la sua fiducia totalmente in Dio, sia nella gioia sia nei fallimenti. Un Amore divenuto visibile nella sua pienezza con la sua stessa vita vissuta in semplicità. Prendiamo in mano il nostro futuro nonostante le difficoltà". "Ravviva il dono di Dio che è in te". Il desiderio sarebbe di tornare a pregare intorno alla croce, ma sono troppi i giovani in fila per vivere questo momento. Alcuni scelgono allora di recarsi dal Priore, per ricevere la sua benedizione, le parole di un uomo di speranza sono incoraggiamento a guardare con speranza il futuro.
Ci allontaniamo dalla cattedrale di Roma con un pizzico di nostalgia. Riprendiamo la strada verso casa con l'intenzione di fermarci in una pizzeria ma troviamo ogni locale impossibilitato ad accoglierci. La pizzeria "Tettarello" ci offre la possibilità di avere le pizze da asporto e, sorprendentemente, ci regala uno sconto inaspettato. Paolo rimedia le bibite e le offre come gratitudine e amicizia in occasione del suo compleanno. Invitiamo alla nostra cena anche Andrei (per i boschi!), un giovane rumeno che è stato con noi in queste giornate. Finalmente è il dono per Paolo. In realtà è un doppio dono: un libro scientifico sulle birre e un biglietto per una partita di basket Varese contro tutti!
Ci allontaniamo dalla cattedrale di Roma con un pizzico di nostalgia. Riprendiamo la strada verso casa con l'intenzione di fermarci in una pizzeria ma troviamo ogni locale impossibilitato ad accoglierci. La pizzeria "Tettarello" ci offre la possibilità di avere le pizze da asporto e, sorprendentemente, ci regala uno sconto inaspettato. Paolo rimedia le bibite e le offre come gratitudine e amicizia in occasione del suo compleanno. Invitiamo alla nostra cena anche Andrei (per i boschi!), un giovane rumeno che è stato con noi in queste giornate. Finalmente è il dono per Paolo. In realtà è un doppio dono: un libro scientifico sulle birre e un biglietto per una partita di basket Varese contro tutti!
Dobbiamo iniziare a pensare ai preparativi per il ritorno, ma don Roberto chiede un ultimo breve momento da vivere in chiesa. È un rito che si rinnova ma che questa sera è accompagnato dalle sue parole un po' commosse.
"Vorrei dirvi grazie per questi giorni, perché vi siete fidati e perché avete pregato intensamente, non dovendovi mai richiamare all'attenzione o al silenzio. Sono partito con un po' di fatica a motivo della stanchezza e del raffreddore ma anche perché, in questi giorni, avrei voluto essere da un'altra parte. Ma non è stato certo un ripiego, questo, ma l'occasione per riconfermare che siete giovani capaci di cercare Dio. In modo particolare mi ha colpito come avete pregato alla Scala Santa, al di là di qualsiasi strada farete quello è stato un momento di verità e nessuno, neppure voi stessi, lo potrà alterare. Ho scelto di scrivere a ciascuno un pensiero che accompagna una riflessione di frere Alois e consegno anche una piccola croce a forma di colomba, anche se non la indosserete vi chiedo di tenerla come memoria di questi giorni straordinari. Quello che mi sta più a cuore quel "Dio vi benedica!" che riassume le parole della benedizione sacerdotale di Aronne che abbiamo ascoltato questa mattina, la stessa benedizione pronunziata da frate Francesco all'amico frate Leone dopo l'esperienza delle stigmate. Non l'ho scritto ma credo voi lo sappiate che vi voglio bene!".
"Vorrei dirvi grazie per questi giorni, perché vi siete fidati e perché avete pregato intensamente, non dovendovi mai richiamare all'attenzione o al silenzio. Sono partito con un po' di fatica a motivo della stanchezza e del raffreddore ma anche perché, in questi giorni, avrei voluto essere da un'altra parte. Ma non è stato certo un ripiego, questo, ma l'occasione per riconfermare che siete giovani capaci di cercare Dio. In modo particolare mi ha colpito come avete pregato alla Scala Santa, al di là di qualsiasi strada farete quello è stato un momento di verità e nessuno, neppure voi stessi, lo potrà alterare. Ho scelto di scrivere a ciascuno un pensiero che accompagna una riflessione di frere Alois e consegno anche una piccola croce a forma di colomba, anche se non la indosserete vi chiedo di tenerla come memoria di questi giorni straordinari. Quello che mi sta più a cuore quel "Dio vi benedica!" che riassume le parole della benedizione sacerdotale di Aronne che abbiamo ascoltato questa mattina, la stessa benedizione pronunziata da frate Francesco all'amico frate Leone dopo l'esperienza delle stigmate. Non l'ho scritto ma credo voi lo sappiate che vi voglio bene!".
È tempo di saluti, perché sei di noi partiranno all'alba, torneranno in aereo. La stanchezza prende il sopravvento ma tutti sentiamo di avere energie rinnovate per affrontare il nostro futuro.
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