Ecco il racconto che vi ho promesso...
Buona settimana!
La cosa
incredibile incominciò quando Giacomo aveva sei anni.
La sua mamma era morta quando
lui aveva solo due anni ed era stato affidato alle cure di una bambinaia un po’
distratta. Suo padre era un avvocato molto serio e importante,
sempre preso da
mille affari,
che si occupava poco o niente del bambino.
Così Giacomo aveva
preso l’abitudine
di girovagare nei dintorni della casa.
Un giorno di novembre
trotterellava per una via sconosciuta.
Sulla destra la strada era
fiancheggiata da un lungo muro bianchissimo.
C’erano foglie di ippocastano sul
marciapiede: grandi foglie gialle e verdi.
Giacomo aveva una castagna in mano
e la strisciava contro il muro camminando. Improvvisamente, al centro dei muro,
vide che c’era una porta verde, con una maniglia dorata.
La porta aveva un’aria invitante. Sembrava dicesse:
"Aprimi, entra!".
Giacomo esitò un istante. Tirò diritto
fischiettando ancora un po’ fino alla fine del muro.
Là in fondo la via
riprendeva con negozi e case,
che avevano l’aspetto normale di tutti i giorni.
Travolto da un desiderio intenso,
il bambino tornò indietro all’improvviso. Spalancò
la porta ed entrò.
Si trovò di colpo nel giardino più incantevole
che avesse
mai immaginato.
Anche l’aria era cambiata di colpo.
Non era più quella triste
e pesante della città.
Aleggiava in essa un profumo esaltante, che dava una sensazione
di leggerezza, di felicità e di benessere.
E nei colori c’era qualcosa di
magico
che li rendeva incredibilmente vivi, perfetti, luminosi.
Giacomo
sentiva di respirare felicità.
Vide due pantere enormi dal manto di velluto.
Non provò paura.
I due animali giocavano a palla in mezzo
a un viale tutto
bordato di fiori.
Una di esse gli venne vicino
e si lasciò accarezzare dalla
manina di Giacomo,
facendo le fusa come un grosso morbido gattone.
Il bambino
era affascinato dalle meraviglie che vedeva.
Quello era un altro mondo.
Una
ragazza alta e bionda, con un sorriso dolcissimo, comparve sul viale e gli
venne incontro.
Lo baciò e lo prese tra le braccia con tenerezza infinita.
Giacomo non si era mai sentito così bene. La ragazza lo prese per mano e lo
portò a visitare il giardino.
Gli fece visitare un palazzo stupendo, pieno di
belle fontane,
di cose splendide, di tutto ciò che si può desiderare e
sognare. Giacomo trovò anche dei meravigliosi compagni di giochi,
che gli
volevano bene.
Poi, all’improvviso, arrivò una donna vestita di scuro che
mostrò a Giacomo un grande libro.
Lo prese a sfogliare, indicando al bambino
le pagine.
Sbalordito, Giacomo vide nel libro la sua storia:
tutto ciò che
gli era successo da quando era nato.
Vide la morte della mamma, il papà, la
sua stanza.
Finché si trovò sotto gli occhi se stesso
esitante davanti alla porta
verde nel lungo muro bianco.
Giacomo fece per voltare pagina,
ma la donna glielo impedì.
Sentì affievolirsi le voci dei compagni di gioco che
gridavano:
"Torna da noi! Torna presto da noi!",
e si ritrovò nella
lunga strada grigia, nell’ora fredda del pomeriggio,
prima che si accendessero
i lampioni.
Nel muro, malinconico e screpolato, non c’era più nessuna porta.
Il bambino
tornò a casa. Raccontò alla zia e al papà quello che gli era successo,
ma fu
punito... Perché, dicevano, non doveva raccontare bugie.
Giacomo mormorava la
sua storia solo al cuscino.
E ogni sera, dopo le preghiere ufficiali,
aggiungeva sempre un’accorata preghiera personale:
"Mio Dio, ti prego,
fammi sognare quel giardino!
Riportami al mio giardino!
La prossima volta
entrerò!".
Dieci anni dopo, Giacomo era diventato uno studente modello,
diligente e impegnato.
Una mattina, mentre si affrettava verso la scuola,
si
trovò davanti all’improvviso il lungo muro bianco
e la porta verde che dava
sul giardino incantato.
L’aveva tanto cercata...
Ma non
pensò neppure per un istante ad entrare.
Era preoccupato solo di non arrivare
a scuola in ritardo.
"Tornerò nel pomeriggio", pensò.
Ma aveva già
molti impegni scolastici nel pomeriggio
e così rimandò la visita al giardino
dei sogni.
Tornò il giorno dopo, ma non trovò più neanche il muro bianco.
Chiese informazioni a qualche passante,
ma nessuno aveva mai sentito parlare
di un muro bianco e di una porta verde, da quelle parti.
Non rivide più la porta verde fino
a 22 anni.
Proprio il giorno in cui doveva sostenere
l’esame più importante
dell’Università. Guidava la sua piccola automobile con molto nervosismo, sbirciando
spesso l’orologio.
Ad un certo punto, dopo aver svoltato un angolo,
se la
trovò improvvisamente davanti.
La porta verde, con la sua dolce sensazione
di
qualcosa di indimenticabile e ancora raggiungibile.
Giacomo arrestò l’auto,
combattuto tra due opposte volontà:
entrare nel giardino o affrettarsi per
dare il suo esame.
Tentennò un attimo, poi scrollò le spalle e ripartì verso
l’Università.
Si laureò e cominciò una brillante
carriera di avvocato.
"Quei cari amici e quella luminosa atmosfera",
raccontò in seguito Giacomo,
"mi sembravano molto belli, molto dolci, ma
lontani.
Il mio interesse si stava concentrando sul mondo.
Ne vedevo
un’altra, di porta aperta... La porta della mia carriera!".
Giacomo rivide altre tre volte la porta
verde e il muro bianco.
La prima volta stava correndo all’appuntamento
con la
ragazza che sarebbe diventata sua moglie.
La seconda volta, dopo altri anni
ancora,
la porta gli si presentò livida sotto la luce dei fari
dell’automobile.
Giacomo sentì come un dolore acuto al petto.
Era come se il
mondo avesse improvvisamente perso ogni attrattiva.
Desiderava più che mai rivedere
il giardino della felicità.
Ma proprio quella sera aveva un incontro
importantissimo con un noto personaggio
politico che gli aveva promesso un
posto sicuro nel suo partito.
E non si fermò.
La terza volta (era ormai
diventato un famoso deputato), Giacomo vide la porta con la coda dell’occhio.
Stava passeggiando con il ministro di un paese estero.
"Abbiamo superato
la porta continuando a chiacchierare.
lo l’ho quasi sfiorata la porta.
Era a
meno di mezzo metro di distanza!", ricordava Giacomo.
"Non potevo certo
sparire in quel momento. Mi avrebbero preso per matto. E poi figuratevi i
giornali!".
Passarono altri anni.
La
nostalgia del giardino incantato si faceva sempre più forte.
Giacomo
rimpiangeva le volte che non aveva avuto
il coraggio di fermarsi ed entrare
nella porta verde.
"La prossima volta entrerò di sicuro...
La prossima
volta, qualunque cosa accada, mi fermerò..."
continuava a ripetere.
Voleva a tutti i costi risentire l’aria pura,
la dolcezza, la tenerezza del
giardino e dei suoi abitanti.
Girava e rigirava per la città.
Ogni volta che
intravvedeva un muro bianco,
il suo cuore raddoppiava i battiti.
Ormai viveva
soltanto per ritrovare quella porta verde.
Ma non la ritrovò mai più.
Giacomo, il protagonista del
racconto, aveva scoperto la porta della felicità.
Ebbe diverse occasioni di
ritrovarla in seguito.
Ma non l’aprì più.
Soprattutto perché gli si aprivano
davanti altre porte:
quella della carriera, quella del successo, quella
dell’amore.
Ogni volta, queste porte gli parevano più importanti della
"porta verde",
che pure lo aveva portato nel giardino della felicità
totale.
Solo alla fine si accorse che erano in gran parte illusorie,
che la
vera felicità era quella della porta verde.
Ma era troppo tardi.
Aveva bruciato
tutte le sue possibilità. Avrebbe dovuto decidersi prima.
Qualcosa di simile
avviene per la scelta cristiana.
Troppo spesso la decisione di essere
cristiani finisce sepolta
sotto il peso delle preoccupazioni e delle ambizioni
quotidiane.
Viene rimandata e trascurata,
quasi fosse una scelta secondaria,
inutile.
Eppure è la decisione più importante:
l’unica che può dare senso e
completezza alla persona umana.
Ma è una decisione che deve essere presa
o
gli affanni quotidiani la faranno passare in secondo ordine...
E' l'invito di Gesù ai suoi
discepoli.
"Entrate per la porta stretta,
perché larga è la
porta e spaziosa la via
che conduce alla perdizione,
e molti sono quelli che
vi entrano.
Quanto stretta invece è la porta ed angusta la via
che
conduce alla vita e quanto pochi sono quelli che la trovano!"
(Vangelo di
Matteo 7,13-14)
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