martedì 27 novembre 2012

Pensieri dei giovani che hanno partecipato agli esercizi

Alcuni giovani della nostra Comunità che hanno vissuto gli esercizi spirituali di Avvento insieme ai loro coetanei della zona pastorale di Varese, desiderano condividere qualche pensiero, ripercorrendo le meditazioni di don Aristide Fumagalli che durante le serate ha consegnato loro tre diverse figure: Nicodemo, e la sua fede timida, il Discepolo Amato e la sua fede amorosa e Tommaso con la sua fede dubbiosa.

L’immagine del bambino che chiede di essere preso in braccio, paragonata al modo in cui il Signore Gesù cerca di comunicarci il Suo amore attraverso l’Eucarestia, chiedendoci di essere accolto attraverso le parole “Prendete e mangiatene tutti” mi ha fatto molto riflettere.
E’ il Signore che chiede a noi di essere accolto, attraverso la purezza e la bontà di chi non ha pretese, di chi non obbliga nessuno a seguirlo ma che nello stesso tempo si concede a tutti, anche a chi perde la strada, a chi Gli volta le spalle, a chi ha una fede che vacilla.
Ognuno di noi dovrebbe dare a se stesso la possibilità di conoscerLo e di incontrarLo, per scoprire che la Sua maniera di esprimere amore, perdono, sacrificio può essere comune anche a noi che nella quotidianità possiamo portare il Suo messaggio attraverso il nostro esempio, scoprendo un nuovo modo di vivere, di relazionarci al prossimo, alle difficoltà, ai dispiaceri.

Dono e perdono.
Sarebbe così semplice se tutti fossimo in grado di tradurli nei piccoli gesti di ogni giorno: troppo spesso è più semplice agire al contrario e il mondo di oggi ne fa testimonianza.
E’ importante che noi viviamo come Lui avrebbe voluto: la pace e l’amore generano SOLO pace e amore, il mondo non si cambia con la rabbia e con le guerre.
Allora avremo almeno la speranza di poter vivere un futuro migliore e poterlo offrire anche i nostri figli. 
Eliana


La Fede è innanzitutto relazione con Dio; relazione di confidenza e di affidamento, relazione d’amore. La Fede vive d’amore. La Fede in Gesù è un legame che va custodito, fatto crescere e condiviso. 
Ma come?
La fede timida di Nicodemo, a volte, mi appartiene. Lui non è contro Gesù, ma nemmeno suo intimo amico. Ha paura. Paura, forse, del giudizio dei giudei, paura di aprire il proprio cuore a una persona che ancora gli era sconosciuta. Questa paura, però, viene superata dal desiderio di conoscere di non far prevalere il giudizio di altri.
Alimentare la propria fede, la mia fede, chiede un impegno, una continua ricerca, un dialogo che deve esserci, anche nei momenti più difficili, in cui si fatica a percepire la presenza del Signore, quel Signore che ci ama talmente tanto da dare la sua vita per noi.
Ho la certezza che il Signore mi ascolta, che ascolta ognuno di noi: si è concesso a Nicodemo, timoroso, al discepolo amato e non si è tirato indietro quando Tommaso ha dubitato della sua venuta. Perché non dovrebbe ascoltare anche me e accogliere le mie incertezze?  Certo, come un’amicizia o un legame profondo con la persona amata va fatto crescere ogni giorno, così anche la relazione con Gesù ha bisogno di una frequentazione quotidiana: nella preghiera, nella partecipazione all’Eucaristia… E come il discepolo amato si lascia guidare da Pietro, così anche noi giovani abbiamo bisogno di testimoni, di maestri che ci accompagnino a varcare la soglia dell’amore, un amore che, come ci insegna Gesù, deve essere capace di pace e perdono perché, “dove si ricerca la pace, dove si offre il perdono, lì è presente lo Spirito del Risorto”. (cit. don Aristide)
Chiara


E vide e credette
In questa breve frase c’è quanto di più semplice possa esserci agli occhi di ogni persona.
Non c’è nulla di meglio che vedere per credere, anche se non è così scontato che, una volta visto, tutti i dubbi vengano cancellati. In fondo è proprio quello che è successo circa 2000 anni fa: in molti hanno assistito ai miracoli di Gesù, ma in pochi hanno creduto. Anche coloro che gli sono stati più vicini, gli Apostoli, hanno faticato molto a credere nella Risurrezione, ad accogliere la passione di Cristo come un passaggio, un cammino dalla morte alla vita.
Gesù è dovuto apparire loro in carne ed ossa, farsi toccare, dimostrare la sua resurrezione.

Nei personaggi di Nicodemo, Giovanni e Tommaso abbiamo contemplato tante tipologie di fede; quella timida che ha paura di uscire allo scoperto, di trovare l’intimità vera con Gesù, di testimoniare la verità alla luce del sole; quella amorevole del discepolo amato, l’unico che ha vissuto in prima persona la passione di Cristo, che per primo accorre alla notizia della scomparsa del corpo di Gesù e che, una volta entrato nel sepolcro vede e crede.
Infine c’è la fede dubbiosa di Tommaso che fino a che non mette il dito nel costato di Gesù rimane incredulo davanti alla testimonianza degli altri apostoli, ma che, una volta toccato con mano le ferite di Cristo, esprime la più grande testimonianza di fede: “Mio Signore e mio Dio”. Trova l’intimità vera con Gesù.

E la mia fede? A quale di queste assomiglia? Nella mia mente, dopo questi incontri sono risuonate una serie di domande:
Quanto sono intimo con Gesù? Quanto mi trattengo e da cosa sono trattenuto per paura di farmi coinvolgere dalla sua fede? Quanto ritengo che la mia fede sia già abbastanza così?

Gesù non ci forza, non ha fretta; lascia che le domande affiorino in noi, che il nostro desiderio di Lui cresca, ma in totale libertà. Ci vuole un tempo di maturazione, una gravidanza nella quale coltiviamo e facciamo crescere in noi il desiderio di Lui, dell’intimità con Lui.
Dobbiamo affidarci alla fede di altri, di coloro che per noi hanno visto, hanno toccato con mano ed arrivare a comprendere l’opera di Dio nella nostra vita.

E se pervade in noi il dubbio ricordiamoci una cosa: Tommaso ha espresso il desiderio di toccare con mano e Gesù non si è tirato indietro. Come non si è tirato indietro quando Nicodemo ha dimostrato un reale interesse verso di Lui.
Dobbiamo osare, esporci e desiderare realmente l’incontro con Lui.
La nostra fede è basata su chi ha VOLUTO VEDERE, TOCCARE e CREDERE. La professione di fede di Tommaso diventa anche la nostra: “Mio Signore e mio Dio”.

Vorrei concludere con una frase di un canto che ha accompagnato la meditazione di lunedì sera. È un’esortazione che faccio a me stesso poiché non sempre ho la forza di accettare di non comprendere fino in fondo ciò che mi accade, di saper leggere le cose con gli occhi di una fede intima con Gesù, di una fiducia in Lui:
Luce in ogni cosa, io non vedo ancora,
ma la tua parola mi rischiarerà”
Marco


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